[Giornata della memoria#1] Il profumo delle foglie di limone, Clara Sànchez. Un mappazzone.

[primo di una breve serie di post dedicati alla Giornata della Memoria e al racconto del passato]

Si potrebbe creare una libreria solo con Libri Con Pessimi Copertine e Libri Con Titoli di Insensata Traduzione.

Nell’uno e nell’altro caso, Il profumo delle foglie di limone potrebbe essere esposto in vetrina, a pieno esempio.

Sulla copertina senza sostanza o attrattiva non mi dilungo, le immagini parlano da sole. Sul titolo mi pongo giusto un paio di interrogativi:

1) Misteri traduttivi

Il profumo delle foglie di limone che scimmiotta tristemente la carrellata di titoli che spopolano da un paio d’anni propinandoci zenzero/limone/lavanda (ma anche cupcake, Tiffany, diamanti…) in tutti gli aromi, profumi, sfumature ecc. in che modo si associa al titolo originale del romanzo, Lo que esconde tu nombre?
Io lo spagnolo non lo conosco, se non che aggiungo le esse in fondo alle parole, ma ho trascorso molte festività di famiglia in tavolate composte Italia-Spagna al 50 e 50 e ho scoperto che si può comunicare  ognuno nella propria lingua e ci si comprende benissimo. O al massimo si annuisce molto…
Lo que esconde tu nombre a me sembra molto “Ciò che nasconde il tuo nome”, ma sia io che google translate potremmo sbagliarci, certo. Magari è come quando traducevo greco e latino alle superiori e c’era quella parola che, mannaggia!, di solito voleva dire padella ma se poi la trovavi in quel contesto allora no, voleva dire inquinamento atmosferico. Magari ciò che si nasconde sotto il nome è il profumo delle foglie di limone, ecco. Non pensiamo sempre male…

2) Il mistero delle foglie di limone perdute

In che modo un romanzo dedicato alla caccia ai nazisti fuggiti alla giustizia e che se la spassano allegramente in ameni paesini grazie ai soldi rubati agli abrei c’entra con ‘ste benedette foglie di limone?
Credo che a un certo punto ci sia una pagina con la descrizione di un ospizio con giardino. Forse lì c’erano dei limoni (?). A dir tanto compaiono lì. Manco si bevono una granita al limone, per dire.
Ma forse la mia edizione mancava di qualche capitolo.

Comunque, al di là delle mie solite acidità da ciabatta librica blaterona.

Clara Sànchez potrebbe esservi familiare perché al momento un suo romanzo, Entra nella mia vita, occupa le vetrine di molte librerie. Il profumo delle foglie di limone è il suo romanzo precedente e, partito in sordina, ha avuto un successo sorprendente.

Anche la sua narrazione parte in sordina, una prima inutilmente lenta e descrittiva. Poi ingrana un poco, con qualche interessante accelerata. Infine si impana nel fosso delle risoluzioni. [Non mi dilugo ultieriormente su metafore automobilistiche, questo è il massimo cui può arrivare una che ha preso la patente da oltreventenne e da allora ha guidato tre – emozionanti – volte]

L’idea di base è interessante: in un paesino della Spagna si gode la vita un gruppo di criminali nazisti ultraottantenni. Un ugualmente ultraottantenne sopravvissuto vuole smascherarli, cerca la vendetta; non riesce a rassegnarsi al fatto che tali assassini non paghino per i loro orrori, né può sopportare l’idea che abbiano vissuto più serenamente di lui. Una ragazza confusa e incinta viene soccorsa sulla spiaggia da due signori anziani – due norvegesi in pensione, affiatati, dalla vita agiata – e stringe un legame con loro, inizialmente ignara di in che mani si sta mettendo.

La caccia ai nazisti, la vita dopo, la dimenticanza. Sono tematiche che mi hanno sempre interessata, anche perché spesso costringono a rappresentare l‘uomo che il nazista è – o era – e non il mito lontano di un mostro. Mi vengono in mente pochi libri ma film bellissimi. This Must Be The Place. Music Box – Prova d’accusa. I ragazzi venuti dal Brasile (scopro ora che è tratto da un romanzo).

Lode all’autrice per averle trattate, in modi a tratti piuttosto convincenti, soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione della figura di Juliàn, il sopravvissuto a Mauthasen, il racconto del suo desiderio di vendetta e di come la sua vita sia stata un sofferto e continuo confronto con ciò che ha subito.

Ciò che non funziona è tutto il resto: il tentativo della Sànchez di infilare il giallo (limone?) nella narrazione, e pure un po’ di rosa romantico. Non sono credibili gli sviluppi e le risoluzioni, condotte da atteggiamenti improbabili del personaggio femminile, che circa alla cinquantesima pagina del romanzo ha deciso che da grande vuole diventare un’eroina. Julìan e Sandra sono guidati da un “facciamo tutto noi, non ci fidiamo di nessuno”, per cui non esiste giornalismo, autorità, aiuto, organizzazioni… Solo un mondo in cui mettono continuamente a repentaglio la propria vita non si capisce per quale motivo, dato che non hanno intenzione né di ammazzarli, ‘sti nazisti, né di smascherarli alla stampa, né si decidono a comunicare alla giustizia che un manipolo di nazisti ricercati e sfuggiti ai processi se la spassa in villette lussuose e a mangiar ostriche in un ristorante davanti al mare.

Peccato: idea interessante, resa fumosa. Anche a causa di un duecento pagine di inutili descrizione e di un dualismo di punto di vista che si fa spesso confuso. L’arrosto è poco, e il risultato è decisamente un mappazzone.
Sánchez Clara
Il profumo delle foglie di limone
Edizione Garzanti, Narratori Moderni
Traduzione dallo spagnolo di Enrica Budetta
364 pagine
€ 18.60
ISBN 978881168662-0

15 pensieri su “[Giornata della memoria#1] Il profumo delle foglie di limone, Clara Sànchez. Un mappazzone.

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  3. E pensare che volevo comprarlo… ho fatto bene a non farlo, non mi piace constatare e scoprire che i traduttori italiani (che pure lavorano per grosse realtà editoriali) “stravolgano” la traduzione di un testo straniero, soprattutto spesso dal titolo… cosa che reputo poco “giusta” non in termini di “adattamento” linguistico (io ho studiato e parlo e ho un titolo dall’Università di Madrid in Lingua Spagnola, Livello Superiore, il massimo esistente, permettetemi di dirlo, ne vado orgogliosa!), ma proprio espressivo e comunicativo.
    Ti confermo che il titolo “Lo que esconde tu nombre” significa proprio “Ciò che nasconde il tuo nome”, titolo che, secondo me, che scrivo e amo il settore editoriale, reputo “dignitoso” e avrebbero potuto lasciarlo tale. Per quanto riguarda le foglie di limone, io il libro, appunto stavo per acquistarlo, ma non l’ho più fatto, quindi non so cosa ci sia contenuto e non so, quindi, se queste benedette foglie di limone e questi profumi e questi limoni c’entrino qualcosa, ma se non c’entrano un fico secco… direi che ci hanno troppo ricamato nella traduzione, non sarebbe “logico”. Se un mio libro venisse portato all’estero (magari accadesse!) non vorrei che si stravolgesse il titolo e soprattutto che si inserissero contesti ed elementi che non c’entrano nulla con la storia originale o che non reputo “attinenti” in generale al mio messaggio di scrittrice di un determinato testo.
    Non vi pare?

    • Grazie mille per il commento, soprattutto come autrice e laureata in lingue!
      La penso come te, paripari. E ti riconfermo, il titolo non c’entra niente con il romanzo, è uno stravolgimento linguistico e contenutistico piuttosto tremendo. Quello originale, invece, aveva decisamente senso 🙂
      Non so come e quanto la Sanchez sappia e abbia deciso, francamente il tutto mi perplime :/ Ma anche il romanzo in sé, eh, non ti perdi niente e risparmi qualche euro, a comprarlo XD Al massimo fai come me, prendilo in biblioteca! 😉
      Grazie mille per aver letto ed essere passata di qua 😀
      Chiara

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  5. piccola spiegazione sul perché del titolo: in Italia leggono soprattutto donne e al momento tirano soprattutto i romanzi di formazione, mentre poco i noir. è un bieco espediente commerciale: una copertina dalle suggestioni romantiche/adolescenziali, un titolo che rimanda ad altri titoli rosa/formativi (entrate in una libreria e contate quanti libri hanno la parola “profumo” nel titolo) et voilà. la pillola pseudo noir è indorata di miele e vende di più.
    comunque, concordo, io l’ho letto, digerito e dimenticato

    • Profumo, zenzero, spezie. Roba con cibi “graziosi” (‘sti dannati muffin eccetera ormai mi escono dalle orecchie ed entrano troppo poco in bocca). Prima o poi sarà un po’ demodè, vero?
      Il fatto è che in genere con me funziona l’effetto contrario: un titolo del genere è un’antiattrattiva (so invece di persone che questo romanzo l’avrebbero comprato solo per il titolo e mai e poi mai per la tematica, perché “adoro i libri che parlano di cibo e con esotici profumi”. Chissene importa se non parla né di cibo né di esotici profumi ;)). Vista la tematica e la grande pubblicità ultima che fanno alla Sanchez ho voluto provare e… bah!

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  7. Mi associo e aggiungo: anche io ho trovato inverosimile il tentativo di tocco rosa.
    E inconcepibile la caratterizzazione dei due norvegesi e della loro cerchia come sinonimo di “persone cattive”, doppiogiochiste, egoiste anche tra loro. I cattivi non sono persone speciali: il male è banale. Eichman era una persona normale. Gli estremismi buono-cattivo non funzionano mai.

    • Pienamente d’accordo. E’ facile rappresentare mostri senza spessore e caratterizzazione. Fossero così le cose, non ci sarebbero guerre, genocidi, persecuzioni.
      Tra l’altro ricordo che fin da subito la protagonista scopriva il passato dei norvegesi e che anche nel loro aspetto vedeva questa “oscurità” che le trasmetteva disagio……..

Dimmene quattro! (o quante ne vuoi)