E. Dickinson, lettera al mondo 465

Emily

Studiare Emily Dickinson a scuola fu terribile. Ricordo che prendemmo alcune poesie – le più famose, immagino – e le spogliammo, frammentammo, analizzammo. Un’autopsia su parole e intimità. Quelle che lei definiva “la mia lettera al mondo”. Fu una sensazione spiacevole, una freddezza che non fa parte del mio grande amore per la poesia (né di quello per la prosa), che sembra estranea al modo in cui la sua opera sembra fatta, alternativamente, di pensieri immediati o a lungo rimuginati, di immagini fuggevoli o profondi. Chissà se fu questo che, un paio d’anni dopo, mi portò a decidere di dedicare la mia vita professionale alle autopsie su corpo, piuttosto che a quelle su emozioni e pensieri.

Emily Dickinson, la donna che si chiuse in una stanza, isolata dal mondo, e da quella scrisse delle sfumature della vita, a dispetto del dissezionamento con affilato bisturi che sperimentai a scuola – completo di gossipare analisi e speculazioni su vita amorosa e non –  rimane comunque una delle mie poetesse preferite.

La lettura (con commento) a opera di Jo Shapocott della poesia numero 465, pubblicata sul Guardian ieri e che potete ascoltare –  e scaricare – qui, è stata un frettoloso piacere ieri e una più lenta pausa oggi. Una breve e bellissima  “lettera al mondo” di Emily. Il bisturi non lo sfodero.

465
(c. 1962, pubblicata 1896; traduzione Margherita Guidacci)

I heard a Fly buzz – when I died –
The Stillness in the Room
Was like the Stillness in the Air –
Between the Heaves of Storm –

The Eyes around – had wrung them dry –
And Breaths were gathering firm
For that last Onset – when the King
Be witnessed – in the Room –

I willed my Keepsakes – Signed away
What portions of me be
Assignable – and then it was
There interposed a Fly –

With Blue – uncertain stumbling Buzz –
Between the light – and me –
And then the Windows failed – and then
I could not see to see –

//

Morendo, udivo ronzare una mosca
Il silenzio a me intorno
Assomigliava al silenzio dell’aria
Fra successive ondate di tempesta.

Gli astanti non avevano più lacrime,
E trattenevano il respiro
Per quell’ultimo assalto, quando il re
Si manifesta nella sua potenza.

Assegnai i miei ricordi, detti via
Ogni mia cosa che potessi dare –
E proprio in quel momento
S’i interpose una mosca,

Con un azzurro, incerto, tremolante ronzio
Fra me e la luce;
E allora le finestre s’empirono di nebbia
Ed io non vidi più.

Da Tutte le poesie, Emily Dickinson. Edizione I Meridiani, Mondadori.

4 pensieri su “E. Dickinson, lettera al mondo 465

  1. Ho letto da poco – meno di un mese fa – la biografia “Come un fucile carico”, che parla della vita di Emily Dickinson, incrociando dati concreti (persino le ricette del farmacista di Amherst) con le poesie e le lettere che mano a mano scriveva. Non è un libro eccezionale (non ha grandi difetti, ecco, ma non mi ha cambiato la vita), ma mi ha permesso di riavvicinarmi a quella che considero la più grande poetessa di tutti i tempi – e non posso che ringraziare per questo.

    ps un dettaglio che potrebbe interessarti dal punto di vista professionale: secondo l’autrice della biografia, il motivo della reclusione deriva da un problema fisico della Dickinson: era epilettica, anche se questa malattia si può solo desumere

    • Mi interessa decisamente! Non lo sapevo minimamente, anzi, cercherò il libro anche perché la storia della medicina e della farmacia mi interessano particolarmente. Ad esempio sarebbe interessante vedere che tipo di pseudoterapia fosse stata scelta, in epoca in cui diagnosi di questo tipo erano piuttosto fumose.
      Grazie mille!

Dimmene quattro! (o quante ne vuoi)